Fu un farmacista statunitense nei primi del ‘900 a formulare quella che oggi è conosciuta come “Scala organolettica Scoville”
Se un tempo il primato era dell’habanero, oggi al numero uno nel mondo si piazza il Carolina Reaper
di Stefano Carlini
Ogni anno, il giorno di Natale, siedo a tavola con la mia famiglia e quella di mia sorella. È un pranzo rituale dove le consuetudini alimentari di ognuno di noi sono ormai note.
Per esempio: dopo aver finito i cappelletti, qualunque sia il cibo che compone il secondo piatto, questi sarà oggetto di maltrattamenti a base di salse al peperoncino più feroci presenti sul mercato con le quali si infierirà su tutto escludendo solo l’insalata.
Si scatena quindi una specie di gara che vincono immancabilmente i componenti maschi giovani della tavolata (mio figlio e i miei due nipoti), lasciandomi all’ultimo posto della classifica (maschile) così da perdere il titolo di maschio alfa.
La colpa è di mio cognato Marco (che si piazza davanti a me), che nei suoi viaggi nel mondo per convegni, porta a casa spesso intrugli al peperoncino per i quali – presumo – occorra il porto d’armi.
I diversi tipi di creme o brodaglie al peperoncino nelle quali mi sono imbattuto, hanno un grado di piccantezza diversa tra loro, così mi sono fatto delle domande sul fatto che possa esserci una scala di intensità, che infatti esiste ed tale scala è stata formulata da un farmacista statunitense, Wilbur Scoville, nei primi anni del novecento.
Fu lui a determinare quella che oggi è conosciuta come “Scala organolettica Scoville”, realizzata riunendo a casa sua un gruppo di amici ai quali fece assaggiare prima un composto estremamente piccante (immagino l’entusiasmo…) e di seguito lo stesso composto diluito, fino a che la sensazione del piccante non fosse scomparsa.
Stiamo parlando del 1912, e allora, i giudici riuniti a casa di Scoville decretarono come peperoncino più devastante per la bocca quello dell’Avana, l’habanero, al quale fu assegnato un punteggio tra le 200.000 e i 300.000 unità Scoville. Campione del mondo di allora.
Per avere una proporzione: al popolare jalapeno, quello che normalmente si trova in commercio, e che per la maggioranza è già un avversario difficile da combattere, venne assegnato un punteggio di 4.000.
Oggi, tra incroci e sperimentazioni, si è potuto arrivare a una generazione di peperoncini dalla potenza tale che mette paura: al numero uno nel mondo si piazza il Carolina Reaper; statene lontani perché sprigiona tra 1.300.000 e 2.200.000 di unità e basta toccarlo per poi sfiorarsi gli occhi per ottenere un dolore che non avete mai provato in vita vostra, ma nonostante questo c’è chi ne fa uso culinario. Se volete conoscere la classifica più recente, la trovate qui: https://www.capsicum.it/il-peperoncino-piu-piccante-al-mondo-la-classifica-definitiva .
Ma alla base di tutte queste fiamme prodotte da un innocuo (alla vista) vegetale, che cosa c’è? C’è un principio attivo che si si chiama capsaicina, un composto chimico dal potente potere irritante che produce una sensazione di bruciore nei tessuti. Ecco, la capsaicina è la molecola che causa danni a volte mortali, perché pensate che ha un punteggio sconvolgente: 16 milioni di unità Scoville.
Cosa succede quando ingerita? Che si lega a una proteina specifica, la quale libera dalle terminazioni nervose un filamento di amminoacidi che è conosciuto come sostanza P, che invia al cervello un messaggio di dolore. Voi rimarrete senza fiato e, credetemi, si può arrivare alla morte.
Ecco, quando cucinerete il prossimo piatto di spaghetti aglio olio e peperoncino, assicuratevi che il prodotto che usate sia il jalapeno o poco più, in quanto un Carolina Reaper ho l’impressione che non faccia troppo felici i vostri commensali.