Le zone nel mondo con il più alto numero di centenari
Ero a New York quando ho azzannato il mio primo hamburger. Era il 1981 e ho sentito il paradiso danzare nella mia bocca, cantare nell’esofago e planare in punta di piedi nello stomaco. Poi ne ho mangiati molti altri, sensazionale esperienza e anche negli anni successivi, senza peraltro ingrassare di un etto. Ma ero giovane e munito di un metabolismo tritatutto. Negli anni, una migliore coscienza alimentare mi ha suggerito di dedicare la mia attenzione a cibi diversi: meno grassi saturi, più vegetali, riduzione dei carboidrati, meno carne. Ma con questo non voglio fare la solita paternale sulla corretta alimentazione che ormai tutti conoscono. Vorrei solo sottolineare il fatto che il concetto di “buono” e sapido spesso fa a pugni con salute e digeribilità. L’industria alimentare è stata abilissima a creare pro- dotti che scatenano una specie di dipendenza, grazie al diabolico supporto degli zuccheri, che causano quella che viene definita “Carbohydrate craving syndrome”, la sindrome da desiderio incontrollato per i carboidrati, descritta nel 1990 da Wurtman, che in uno studio informava come dopo un pasto ricco di carboidrati si riversassero nell’organismo fiumi di serotonina causando un paradisiaco appagamento uni- to alla voglia di ripetere la stessa esperienza gastronomica. Ed è soprattutto per questo motivo – cibo come droga – che siamo diventati grassi e infelici?
Il mio hamburger consumato al Greenwich Village ha, di fatto, avuto l’effetto di una potente stupefacente. Ora, capisco come sia faticoso sottrarsi alle lusinghe di una civiltà che offre cibo ad ogni angolo, così come capisco – e soprattutto suppongo – che possano esistere alcune zone, nel mondo, dove il canto delle sirene del cibo è molto smorzato. Così, qualche anno fa, durante le mie scorribande in rete, scopro che un gruppo di ricercatori (guidati da Gianni Pes e Michel Poulain e in seguito da Dan Buettner) si era messo in testa di scoprire quali fossero le zone del nostro pianeta in cui si vive di più (ma attenzione, vivere molto non è un indicatore apprezzabile) unitamente a una ottima qualità della vita. Vivere tanto e vivere felici… Cosa si può chiedere di meglio?
La faccenda mi interessa molto e scopro che le zone in cui esiste il maggior numero di centenari in salute sono sei, vengono definite “Blue Zone” e due si trovano in Italia: Porto Recanati e la provincia di Nuoro, mentre le altre quattro sono a Okinawa, in Giappone; Loma Linda, in California; la penisola di Nicoya, in Costarica; l’isola di Icaria, in Grecia. Le caratteristiche comuni che contribuiscono alla longevità sono semplici: il senso dell’unità familiare, il semivegetarianismo, la moderata attività fisica e la percezione di essere socialmente utili. In fondo, il segreto della felicità non è così inaccessibile: ridurre i consumi e prendersi cura l’uno dell’altro. Ma perché le hanno chiamate Blue Zone? La risposta è totalmente prosaica: i ricercatori cerchiavano con un pennarello blu le zone che identificavano le aree che rispondevano alle caratteristiche in questione, quindi niente di poetico…
Il segreto della felicità non è così inaccessibile…
DI STEFANO CARLINI